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Manager sotto stress? Il biofeedback migliora il processo decisionale

La capacità di prendere decisioni importanti sotto stress rappresenta una competenza fondamentale per i manager di alto livello. Un recente studio pubblicato su Nature   dimostra come l’allenamento all’autoregolazione attraverso tecniche di biofeedback possa migliorare significativamente questa capacità. Lo studio, condotto da Iodice e colleghi, parte da un presupposto fondamentale: lo stress influenza negativamente i processi decisionali, spingendo verso scelte più impulsive e meno razionali. In situazioni di pressione, i manager tendono a restringere la loro attenzione, aumentare la distrazione e allungare i tempi di reazione, compromettendo la qualità delle decisioni prese. La ricerca ha coinvolto 23 manager divisi in due gruppi: uno sperimentale, sottoposto a un protocollo di training basato su test di valutazione dello stress tramite segnali di biofeedback (temperatura e conduttanza cutanea), e uno di controllo. Tutti i partecipanti hanno eseguito due compiti decisionali prima e dopo la fase di addestramento, utilizzando un software di tracciamento del mouse per misurare parametri espliciti e impliciti delle loro scelte. I risultati dimostrano che l’addestramento biofeedback aumenta significativamente la capacità di autoregolazione dei fenomeni psicofisiologici legati allo stress. Questa migliore gestione delle reazioni allo stress consente di ridurre i comportamenti istintivi durante compiti di scelta probabilistica e temporale. Lo studio conferma quanto già teorizzato da Janis e Mann nel 1977: avere un modello di coping basato sulla vigilanza permette di prendere decisioni razionali anche sotto stress. Al contrario, l’ipervigilanza – che può sostituire la vigilanza in condizioni di stress – genera una valutazione frettolosa, disorganizzata e incompleta delle informazioni, portando a decisioni errate. Dal punto di vista psicofisiologico, l’autoregolazione si riferisce alla capacità di una persona di regolare stati affettivi e cognitivi adattandosi a diverse condizioni ambientali, mantenendo un’omeostasi flessibile. Quando lo stress entra in gioco, questo equilibrio viene alterato e la capacità di fare scelte razionali diminuisce progressivamente. Lo studio evidenzia come le capacità di autoregolazione in situazioni stressanti possano essere insegnate attraverso apparecchiature in grado di fornire feedback visivi e acustici sui pattern neurali e fisiologici (biofeedback). L’importanza di questa ricerca risiede nella sua applicazione pratica: fornire ai manager strumenti concreti per migliorare la loro capacità decisionale sotto pressione. Questo approccio potrebbe trasformare il modo in cui le aziende preparano i loro leader ad affrontare le sfide quotidiane del business contemporaneo, caratterizzate da tempo limitato, sovraccarico informativo e interazioni interpersonali complesse. Foto di Zan Lazarevic su Unsplash

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Lavorare sull’identità aziendale

Lavorare sul “chi siamo realmente” significa – nella mia esperienza – gettare buone fondamenta per qualunque progetto di comunicazione. Rendere esplicito ciò che spesso è implicito e dato per scontato, o semplicemente “respirato” quotidianamente da chi vive in quell’azienda, ha due vantaggi. In primo luogo, consente di portare all’esterno un’immagine che verrà poi avvalorata nel contatto con l’azienda. Un’immagine autentica e non fasulla. In secondo luogo, permette di evidenziare in concreto lo scostamento tra “ciò che siamo” e “come vogliamo apparire”, aprendo spazi strategici di evoluzione rispetto alla realtà. Sull’identità lavoro con una metodologia consolidata e che vedo funzionare sempre bene. Lavoro sia sul piano cognitivo che su quello emozionale, proprio per evitare alcune trappole che il nostro cervello è così abile a costruire quando “ce la raccontiamo”. E normalmente gli esiti sono sempre ricchi di spunti, oltre a rappresentare un buonissimo brief per chi dovrà sviluppare i prodotti di comunicazione.

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